Altri libri, altre scritture: rapporti indigeni

Abstract

L’articolo affronta in maniera non convenzionale altri libri ed altri grafie, presenti nei modi indigeni di scrivere, materializzare e narrare le loro storie. I concetti di libri e grafie sono interpretati in senso ampio, attraverso una varietà di esempi ed esponendo, attraverso collegamenti espressivi tra pensieri diversi, altre possibilità di immaginarli concettualmente. Partendo dal presupposto che non esistano culture senza scrittura, e che le formulazioni al rispetto delle cosiddette ‘società illetterate’ sono gli effetti colonizzatori di un pensiero etnocentrico, il percorso proposto in questo testo è quello di frequentare queste altre bibliografie, cancellate e censurate come espressioni primitive per l’idea di libro totale e per la grafia universale dei popoli occidentali. Decolonizzare il nostro pensiero bibliografico è l’orizzonte di questa ricerca. Ascoltare i racconti degli indigeni è un finizio, cioè, la divorazione della fine per l’inizio. La fine del libro intesa come il cessare della sua condizione assoluta, finale ed universale. La fine del libro esclusivo ed occidentale è l’inizio dell’apertura della scritta e sue plasticità materiale. La forza del concetto di libro, espresso nella semiofagia del librOnza, proposta sulla base di una differOnza (différonce), è una maniera di sognare, in modo amerìndio, ad un nuovo, ed allo stesso tempo, antico inizio: la possibilità aperta, ancora una volta, del libro come segno di libertà e di autodeterminazione dei multipli sensi dei diversi popoli. Questo testo porta con sé missiva/senza forma (infórme) della giungla colta di Abya Yala – La Terra Viva. Chissà questo sia un finizio per l’alterità sconcertante dei messaggi bibliografici che insistiamo a dimenticare.